Uno studio conferma l’associazione tra qualità nutrizionale della dieta e maggiore stabilità della placca coronarica
06 Ottobre, 2020
È noto ormai da tempo che gli eventi clinici di natura cardiovascolare, come l’ictus ischemico e soprattutto l’infarto di cuore, trovano spesso la causa scatenante nella rottura del cappuccio di una placca ateromasica. Placche di struttura stabile e quindi poco inclini alla rottura (per la presenza di un nucleo lipidico di dimensioni contenute, protetto da un solido e spesso cappuccio fibroso), che possono limitare il flusso sanguigno, e causare per esempio l’angina pectoris da sforzo se presenti nell’albero coronarico, sono responsabili solo raramente di eventi clinici acuti. È piuttosto la rottura di una placca, talvolta di dimensioni anche piccole (e quindi emodinamicamente non rilevanti) che può invece innescare la formazione del trombo, e quindi l’occlusione arteriosa che conduce al quadro ben più grave dell’infarto miocardiaco.
In una serie consecutiva di circa 300 pazienti con malattia coronarica, gli autori di questo studio hanno rilevato la presenza o meno di placche con evidenza di rottura grazie a una tecnica di imaging coronarico a definizione particolarmente elevata (la Optical Coherence Tomography, o OCT), e valutato le abitudini alimentari prevalenti mediante la compilazione di classici questionari di frequenza di consumo.
È emersa una significativa correlazione positiva tra la presenza di placche con segni di rottura e l’apporto alimentare di sodio, ed una correlazione invece negativa (protettiva) con il consumo di frutta e verdura, o di componenti specifici degli alimenti di origine vegetale, come la fibra, la vitamina C, i folati.
Nonostante lo studio sia di natura trasversale, e quindi ad alto rischio di bias, i suoi risultati sono in buon accordo con i dati disponibili relativi all’evoluzione della malattia ateromasica: gli autori sottolineano in particolare come i livelli di consumo degli alimenti che si associano ad un migliore funzionamento dell’endotelio vascolare si associno nel loro studio ad una bassa probabilità di rottura. Va peraltro sottolineato che frutta e verdura sono anche dotate di effetti antinfiammatori: un aspetto importante considerando che i fenomeni di natura infiammatoria concorrono certamente alla rottura della placca, per esempio rilasciando enzimi ad attività litica nei confronti di componenti del cappuccio fibroso.
Con le sue limitazioni (tra le quali non va trascurata quella di essere stato condotto in un gruppo di pazienti cinesi, e quindi con uno stile di vita ed un pattern alimentare ben diverso dal nostro) lo studio quindi suggerisce che un’alimentazione ricca di frutta e verdura e povera in sodio si associ a una minore probabilità di rottura delle placche coronariche. Il miglioramento della dieta avrebbe quindi un significato anche nel paziente già coronaropatico, nel quale la stabilizzazione delle placche, certamente già presenti nelle coronarie, può migliorare l’evoluzione della storia clinica.
Association between food and nutrients intakes and coronary plaque vulnerability in patients with coronary heart disease: an optical coherence tomography study.
Wang W, Wang Y, Gao X, Zhao Z, Li L, Yu B, Liu G, Lin P.
Nutr Metab Cardiovasc Dis. 2020 Sep 9. doi: 10.1016/j.numecd.2020.08.027
Background and aims: Dietary intakes play important roles in the prevention and treatment of coronary heart disease (CHD). Coronary plaque vulnerability is the key mechanism leading to CHD progression. We aimed to explore the association between dietary intakes and plaque vulnerability via optical coherence tomography (OCT).
Methods and results: A total of 314 CHD patients were included in this study. Dietary intake status was assessed by semi-quantitative food frequency questionnaire and plaque vulnerability was measured by OCT. The results showed that vegetables were negatively associated with macrophage infiltration, thin cap fibroatheroma (TCFA) and thrombus [odds ratio ( OR) = 0.48, 0.38, 0.38, 95% confidence interval (95% CI) = 0.24-0.93, 0.17-0.84, 0.15-0.94, all P < 0.05]; fruits were negatively associated with lipid plaque, TCFA, rupture and thrombus ( OR = 0.17, 0.11, 0.12, 0.20, 95% CI = 0.07-0.39, 0.04-0.29, 0.05-0.28, 0.08-0.55, all P < 0.05); salt was positively associated with lipid plaque and TCFA ( OR = 2.59, 2.83, 95% CI = 1.14-5.90, 1.23-6.51, all P < 0.05). Regarding nutrients intakes, dietary fiber was negatively associated with macrophage infiltration ( OR = 0.34, 95% CI = 0.14-0.85, P = 0.021); folate was negatively associated with lipid plaque, TCFA and rupture ( OR = 0.22, 0.16, 0.20, 95% CI = 0.09-0.58, 0.06-0.41, 0.08-0.51, all P < 0.05); vitamin C was negatively associated with TCFA, rupture and thrombus ( OR = 0.26, 0.22, 0.05, 95% CI = 0.07-0.95, 0.07-0.65, 0.01-0.25, all P < 0.05); sodium was positively associated with lipid plaque, TCFA, rupture and thrombus ( OR = 3.43, 3.96, 2.73, 4.84, 95% CI = 1.51-7.80, 1.66-9.45, 1.18-6.27, 1.76-9.28, all P < 0.05).
Conclusion: Salt and sodium were dietary risk factors for plaque vulnerability, whereas vegetables, fruits, dietary fiber, folate and vitamin C were dietary protective factors for plaque vulnerability.
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